Camminare assieme al gruppo whatsalp – contributo di Elisa Agosti

Camminare assieme al gruppo whatsalp é stata una scoperta. La scoperta di un
modo nuovo di viaggiare, per quanto esso sia il più antico di tutti. Un modo
alternativo, per quanto sia quello che la gente usava una volta per spostarsi da un
luogo all’altro, quando la mobilità era una necessità economica, ma avveniva in
condizioni difficili.
È incredibile quanta strada si possa fare a piedi, camminando un’intera giornata.
Nell’era dell’alta velocità, in cui niente é abbastanza veloce e in cui non c’é un
minuto da perdere, misurare la distanza del viaggio in ore di camminata è quasi
buffo. Chiacchierare con il vicino è un ottimo sistema per trovare la motivazione e
continuare il viaggio. Uno alla volta i membri del gruppo passano accanto a me e
grazie ad un accordo quasi segreto si inizia a parlare. C’è il compagno di viaggio
svizzero che parla un ottimo italiano, l’insegnante di liceo che mi racconta del
destino del romancio, una lingua che sembra destinata a scomparire, e la mamma
tedsca che è appena stata in vacanza in Italia e che si lamenta un po’ dei treni
italiani. Le conversazioni interessanti fanno dimenticare che la strada è ancora
lunga, che dopo la discesa e il falsopiano ricomincia la salita, che una volta usciti dal
bosco, il sole picchierà più forte.
Il gruppo whastalp si sposta a passo deciso, può contare solo sulle sue proprie
gambe e sulla sua testa. Le gambe a tratti fanno un po’ un male, ed è allora che la
testa pensa ancora più intensamente: immagazzina immagini, ordina al corpo di
fermarsi per scattare una foto, sceglie attentamente dove appoggiare il piede. La
testa osserva al paesaggio, alla ricerca di cambiamenti. L’erba é tagliata, il fieno al
sicuro nella stalla, le mucche soddisfatte della giornata. Tutto più o meno come una
volta. Molte cose però sono cambiate nelle Alpi. Ce ne accorgiamo l’ultimo giorno,
dopo essere scesi dai 2 000 metri della prima tappa e dopo aver attraversato la
vallata. In lontanza il verde dei prati si confonde con l’azzurro del cielo e con il blu
dell’acqua di un lago. Bellissimo, peccato per la diga che si staglia qualche metro
sopra il livello delle sue acque. Continuiamo la marcia ed il rumore delle auto diventa
sempre più forte. Sono i turisti, che si dirigono veloci verso il San Bernardino. Sopra
di loro, il profilo di una seggiovia, in attesa di neve e sciatori che forse non verranno
nemmeno quest’anno.
Durante questa camminata nelle Alpi svizzere, costeggiando a tratti il confine italiano
ho pensato ai limiti che ci poniamo e a quelli che cerchiamo di superare. L’altra
faccia della stessa medaglia. Ho pensato che è da pazzi camminare da Vienna a
Nizza, con ogni clima, con il vento e con la pioggia, con le ginocchia e i piedi che
fanno male. Ho pensato ai limiti che non ci poniamo e che forse dovremmo porci.
Quanti alberi abbattere, quanti palazzi edificare, quanto petrolio estarre, quante
strade e aereoporti costruire, quante auto, aeri e navi produrre. Tutto sempre più
grande, tutto sempre più veloce.
Dominik ed Harry ce la faranno a vedere il mare della Costa Azzura. Ne sono sicura.
Ma quello che hanno cercato lungo il loro viaggio di quattro mesi, non era la spiaggia
del sud della Francia, ma piuttosto qualche segnale della volontà civile e politica di
invertire la rotta, di rimettere la natura al centro, di ascoltare i suoi avvertimenti. La
volontà di mettere dei limiti allo sviluppo insostenibile.